Raccontare la realtà nell’era dell’Intelligenza Artificiale, è questa la sfida sulla quale ha ragionato il fotografo documentarista Filippo Venturi a BergamoScienza
Domenica 12 ottobre, all’interno della programmazione di BergamoScienza, il Pala SDF si è trasformato in uno spazio di riflessione collettiva sul nostro modo di guardare il mondo. A guidarci è stato Filippo Venturi, fotografo documentarista e artista visivo, che negli ultimi anni ha portato la sua ricerca oltre la fotografia tradizionale, interrogando il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nei processi di creazione e percezione delle immagini nella conferenza, in collaborazione con Fotografica Bergamo Festival e Fondazione Alfaparf, Oltre l’obiettivo: la fotografia nell’era AI. Sul palco, insieme a lui, erano presenti i nostri Alessia Picco e Mattia Lucchini, che per UniBg OnAir hanno introdotto l’incontro e moderato il dialogo con il pubblico. Ancora una volta, la radio dell’Università di Bergamo ha avuto l’occasione di essere non solo voce, ma presenza attiva nella costruzione di spazi di confronto culturale.
LA CONFERENZA – Venturi parte da sé: dalla formazione da informatico, che plasma uno sguardo analitico, fino al passaggio alla fotografia documentaria, intesa come testimonianza diretta della realtà. Ma cosa succede quando, in questo processo, entra la macchina? Quando lo sguardo che produce l’immagine non è umano, ma algoritmico? Il fotografo mostra e racconta alcuni lavori chiave della sua ricerca: Broken Mirror, una riflessione visiva che utilizza l’AI per costruire una metafora: quella della Corea del Nord come società incorniciata in una finzione, ma anche della nostra dipendenza dalla tecnologia e dalla sua narrazione del reale, e The Ravenous Machine, un’indagine sul modo in cui i nostri comportamenti digitali alimentano l’addestramento delle intelligenze artificiali. Un processo in cui siamo al tempo stesso autori, dati e pubblico. Venturi non parla solo di estetica: parla di responsabilità. Perché oggi un’immagine può essere creata, alterata, diffusa, resa indistinguibile da ciò che chiamiamo “vero”. E allora la domanda è inevitabile: siamo ancora in grado di riconoscere cosa è reale? La risposta non è immediata. E forse, più che la certezza, importa accorgersi del dubbio.
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Immagini di @davide_volpi per Fondazione Alfaparf


















